Circa un anno fa, nell’ISSR Santi Apostoli Pietro e Paolo di Capua, è stata discussa una tesi che ha cercato di rispondere a un interrogativo cruciale per il credente: come dire Dio oggi, in una società dominata dai linguaggi e interazioni social, ma sempre più priva di un’adeguata riflessione critica? Assistiamo, infatti, a un lento e inesorabile “demansionamento” dell’Assoluto che, con sempre più forza, viene relegato ai margini, come se l’umanità avesse raggiunto un traguardo definitivo della propria evoluzione storica e questo traguardo implicasse necessariamente il superamento del Totalmente Altro, di quel Tu che ha fornito risposte agli interrogativi esistenziali dell’essere umano fin dall’antichità.
Quando l’uomo assume un atteggiamento di indifferenza nei confronti di Dio, sembra precludersi il dono dell’autotrascendenza, cioè la capacità di aprirsi all’altro e instaurare relazioni significative. Questo fenomeno è particolarmente evidente tra i giovani, inclusi gli studenti delle scuole superiori, per i quali il fenomeno religioso è spesso percepito come opprimente e limitante della libertà e del desiderio. In Italia, questo atteggiamento caratterizza il 30% degli adolescenti, mentre in Terra di Lavoro riguarda circa il 14% dei teenager. Questa realtà pone una sfida significativa alla comunità ecclesiale, che deve trovare strumenti e modalità per continuare a evangelizzare i giovani e mantenere aperto il dialogo educativo.
Il quadro sociologico e la risposta educativa
Il sociologo Franco Garelli, in un’intervista del 9 aprile 2017 con Alberto Chiara di Famiglia Cristiana, ha sottolineato che i giovani di oggi più che essere incasellati nella definizione di «generazione incredula» sono piuttosto caratterizzati da una sorta di «pluralismo spirituale» e una «biodiversità religiosa». Questo suggerisce che, nonostante l’apparente indifferenza, esistono forme originali di spiritualità tra i giovani.
Questa considerazione ci ha spinto a indagare i percorsi e la salute della religiosità nella Terra di Lavoro. Grazie a un lavoro di equipe promosso dall’ISSR “Santi Apostoli Pietro e Paolo” di Capua, è stato somministrato un questionario strutturato a circa mille studenti delle scuole superiori dell’agro aversano e giuglianese. Gli istituti coinvolti sono stati: il liceo Scientifico e Classico “Emilio Segrè” di San Cipriano d’Aversa; il liceo “Francesco Sbordone” di Napoli, il liceo Linguistico “Agostino Maria De Carlo” di Giugliano, il liceo Scientifico “Giordano Bruno” di Arzano e Grumo Nevano, nonché l’I.S. “Dragonetto-Marconi” di Giugliano. Dai risultati è emerso che il 14% degli studenti non crede in Dio, il 3,06% è incerto, mentre l’82,94% si dichiara credente.
Tuttavia, è evidente un distacco dalla partecipazione attiva alla vita cristiana dopo l’esperienza del catechismo, considerato inadeguato nella società attuale per le immagini di Dio e gli approcci culturali proposti, nonché per la metodologia e il linguaggio eccessivamente infantili.
Anche se il catechismo è stato promosso a pieni voti dal 56% dei giovani, l’analisi delle risposte ha rivelato critiche profonde. Una lettura approfondita dei significati impliciti ha mostrato che, sebbene giudicato «bello», solo dal 22% dei giovani il catechismo è stato vissuto come un percorso formativo significativo. Nonostante la bravura dei catechisti, i giovani hanno percepito il catechismo principalmente come meccanico indottrinamento che riflette una mancanza di profondità spirituale nel modo in cui il catechismo viene trasmesso, focalizzandosi troppo sulla conoscenza e troppo poco sulla spiritualità viva.
Su 467 giudizi positivi, 93 studenti hanno dichiarato di non ricordare l’esperienza o di essere stati troppo piccoli, mentre altri 5 hanno detto che il catechismo è fatto in un’età sbagliata. Qualcuno ha paragonato il racconto della Bibbia alle favole, indicando una percezione del catechismo come una storia irrealistica e infantile. A riprova della scarsa penetrazione che il cammino di iniziazione cristiana ha nei ragazzi è una grande confusione concettuale: molti non riescono a distinguere l’Incarnazione dalla reincarnazione, e solo 3 su 812 hanno fatto riferimento alla Trinità nelle loro descrizioni di Dio.
Al contrario, 65 studenti hanno descritto Dio utilizzando immagini antropomorfe, come un uomo con la barba, vestito bianco, occhi azzurri, ecc. Questo indica che le rappresentazioni di Dio acquisite durante l’infanzia attraverso affreschi, quadri e statue continuano a influenzare la loro immaginazione, senza evolversi verso una comprensione più matura e teologicamente accurata. In alcuni casi, gli studenti hanno utilizzato termini della filosofia (ente, essenza, trascendente) o delle scienze naturali (spirito, luce, energia), ma molti hanno dimostrato confusione tra il Padre e Cristo, pur definendo Gesù come il Figlio di Dio.
Nuovi linguaggi e canali di comunicazione
Questi risultati indicano la necessità di una riforma nella metodologia e nel linguaggio della comunicazione della fede, per renderla più rilevante e significativa per i giovani. È essenziale sviluppare un approccio che vada oltre la semplice trasmissione di conoscenze religiose e che coltivi una vera esperienza spirituale. Una proposta di riforma potrebbe includere l’uso di linguaggi contemporanei, come l’arte e la musica, e l’integrazione dei social media per creare una connessione più profonda e autentica con i giovani, rispondendo meglio ai loro bisogni spirituali e culturali.
Da Ratzinger a Papa Francesco: verso una nuova teologia Pop(olare)
Il lavoro di tesi ha successivamente effettuato una riflessione interpretativa ed ermeneutica sulle problematiche emerse dalla ricerca sociologica, lette ed analizzate dalla prospettiva di J. Ratzinger, soprattutto a partire da un testo ormai diventato un classico: Introduzione al cristianesimo. Partendo dal contesto culturale successivo al Concilio Vaticano II, Ratzinger evidenzia come la società moderna, con la sua fiducia esclusiva nella ragione, ha contribuito a un progressivo allontanamento dalla fede. Oggi il contesto storico culturale è ulteriormente cambiato: viviamo in una realtà «liquida» e complessa, in cui la crisi della fiducia nella ragione è evidente. In questo nuovo scenario, la ricerca si è rifocalizzata sui principali fondamenti del dialogo interreligioso emersi negli ultimi decenni, con l’obiettivo di adattarli all’insegnamento della Religione Cattolica nelle scuole.
L’ultimo aspetto della tesi è stato incentrato sulla lettura approfondita delle indicazioni di Papa Francesco, emerse dall’Esortazione apostolica post-sinodale Christus Vivit. Questo documento, rivolto ai giovani e a tutto il Popolo di Dio, riprende i contenuti del cammino sinodale sul rapporto tra i giovani e la fede, proponendo una re-definizione della teologia verso una cultura giovanile popolare, conosciuta come Pop Theology. I nuovi linguaggi usati dai ragazzi, come l’arte e la musica, possono, infatti, diventare strumenti efficaci per il dialogo interreligioso. C’è la necessità di proporre una “grammatica dell’amore” attraverso una didattica ermeneutico-esistenziale, che parta dal vissuto e dai bisogni educativi degli allievi. Questo approccio mira a utilizzare strumenti contemporanei, come i social media e la musica Hip-hop cristiana (ad esempio il brano Credo in Dio di Communion), per coinvolgere i giovani e guidarli verso un impegno civile e cristiano, riscoprendo il senso della vita.
Conclusioni La tesi cerca di dimostrare l’importanza di adattare il linguaggio e le metodologie dell’insegnamento religioso alle esigenze della cultura giovanile contemporanea. Attraverso un’ermeneutica attenta e una didattica innovativa, che integri strumenti moderni come la musica e i social media, è possibile rendere il messaggio cristiano più accessibile e rilevante per le nuove generazioni. Questo approccio può contribuire a superare l’indifferenza religiosa e a promuovere una spiritualità autentica e profondamente vissuta, in linea con la visione di Papa Francesco e il cammino tracciato dal Sinodo dei giovani.