Recensione: JACQUES GAILLOT. Un vescovo per il Vangelo

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di Arturo Formola

Questo è il titolo del volume del prof. Lorenzo Tommaselli (edito da Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2024, pp. 96) con prefazione del vescovo emerito di Caserta padre Raffaele Nogaro, il quale ha conosciuto Gaillot in qualche incontro occasionale e lo definisce persona libera di esprimere ovunque e comunque la sua missionarietà. Attraverso la sua testimonianza profetica, il vescovo Gaillot, innamorato del Vangelo, si rende segno di contraddizione per tutti coloro che sono interiormente intorpiditi. Il 10 maggio 1982 viene nominato vescovo di Évreux(Normandia), e sempre nel 1982 saranno nominati vescovi due tra le figure più rappresentative della chiesa post-conciliare italiana: don Tonino Bello, vescovo di Molfetta(morto nel 1993), e padre Raffaele Nogaro, vescovo di Sessa Aurunca fino al 1990, e successivamente vescovo di Caserta fino al 2009. L’episcopato di Gaillot si inserisce in un sistema politico francese mutato. Lo storico François Furet scrive che: ‹‹i risultati delle consultazioni del 1981 avevano in effetti un senso manifesto e un senso nascosto; il primo, eclatante, e tanto più ingannevole, era il trionfo elettorale della sinistra dopo tanti anni di sconfitte. Ma il secondo concerneva il fatto che la vittoria socialista era accompagnata da un declino brutale dei voti comunisti, che trasformava non soltanto l’equilibrio delle forze a sinistra, ma anche il contenuto politico tradizionale del voto a sinistra. Portando François Mitterrand all’Eliseo, il Paese aveva voluto battere Valéry Giscard D’Estaing e aprire la porta all’alternanza democratica, offrire alla sinistra la sua chance di governo. Ma non aveva votato socialista se non scartando deliberatamente i comunisti: segno che rifiutava quella parte della cultura politica condivisa dai due partiti della sinistra, che aveva cristallizzato a suo tempo il Programme commun; e che, nello stesso tempo in cui aveva inviato i socialisti al potere, aveva seppellito l’idea socialista››[1]. Nelle elezioni presidenziali del 1988, invece, il presidente Mitterrand non parla più il linguaggio di parte e di classe di sette anni prima. Utilizza concetti consensuali come quello di “riunire tutti francesi”, “solidarietà nazionale”, “coesione nazionale”. Il ringraziamento per l’elezione, infine, non va al “popolo della sinistra” ma “ a tutti coloro che lo hanno votato, a tutti quelli che lo hanno aiutato”. L’elezione del 1988 è molto diversa da quella del 1981, ma dietro la differenza degli slogans e della tonalità politica tra i due episodi, il 1988 conferma il 1981 rinnovando il messaggio nascosto delle elezioni del 1981: la sepoltura dell’idea tradizionale della rivoluzione e del socialismo.

In questo contesto socio-politico si inserisce l’episcopato di mos. Gaillot, di questo rivoluzionario innamorato del Vangelo. Nel novembre del 1993, un anno prima del suo trasferimento coatto da parte di Giovanni Paolo II, aveva rilasciato un’intervista a Daniel Laprés, direttore della rivista Virtualités, pubblicata nel libro “Il Dio degli esclusi” con traduzione del prof Tommaselli e prefazione di don Vitaliano Della Sala. Per mons Gaillot la fede in Dio è soprattutto fede nell’uomo, fede come impegno contro ogni ingiustizia. Nel suo paese vedeva tante ingiustizie, tanti ghetti di miseria che stavano fianco a fianco con oasi di prosperità e richiamava tutti alla solidarietà, perché non è riservata solo a coloro che sentono la “vocazione” ma tutti credenti o no devono combattere l’ingiustizia. L’esperienza personale di Gaillot gli ha permesso di vedere che ci sono molti uomini e donne che lottano per avere più giustizia. Si trovano in associazioni o in attività che sono poco conosciute, quelle dei senza tetto, dell’AIDS, degli stranieri, e malgrado il fatto che queste persone sono numerose, le loro iniziative non sono abbastanza coordinate o unite le une con le altre e per questo non sono abbastanza conosciute. Per Gaillot bisogna battersi contro le cause della povertà e trovare una nuova via per una società solidale. La disoccupazione, resta, ancora oggi, la piaga sociale che genera esclusione. Ogni uomo e ogni donna ha il diritto ad un lavoro, devono avere l’opportunità e i mezzi per essere riconosciuti utili agli altri e alla società. Se si accetta l’idea che ognuno nella società ha un’utilità sociale, bisogna tentare di mettere in campo nuovi modelli culturali perché non si lascino persone sul bordo della strada facendone degli assistiti. Inoltre Gaillot afferma che c’è una delusione generalizzata nei confronti dei politici. Troppi, quali siano i partiti, non hanno conservato la loro integrità personale e addirittura c’è una frattura tra gli eletti e le categorie sociali svantaggiate. Questa sorta di lacerazione sociale fa si che molti uomini e donne che fanno politica abbiano perso il contatto con gli ambienti popolari, con i quartieri poveri. Questa intervista descrive il ministero episcopale ad Évreux. Gaillot è stato semplicemente un pastore, innamorato del Vangelo e di conseguenza di tutti gli esclusi. Quindi, quali sono i veri motivi del suo trasferimento alla diocesi titolare di Partenia?

Non viene messo in discussione il suo attaccamento  al Vangelo, soprattutto con il suo esempio di vita, ma nel comunicato del Vaticano si fa riferimento al “ministero di unità che è il primo dovere di un vescovo”: unità su cosa? E soprattutto su chi?  La prima domanda che si pone ad un vescovo nell’ordinazione è: “vuoi annunciare con fedeltà e perseveranza il Vangelo di Cristo?”

Quindi, perché i vertici della gerarchia ecclesiastica romana lo hanno sempre duramente criticato? Perché Gaillot non ha mai agito come “funzionario di Dio”, ma come vescovo e profeta libero e liberante, profondamente convinto che oggi è necessario liberare Gesù. Oggi, ci sono pastori “non funzionari del sacro” che agiscono per liberare l’uomo e la donna da ogni forma di schiavitù?


[1] F. Furet, La France unie, in F. Furet, J. Julliard, P. Rosenvallon, La République du centre. La fin de l’exception française, Paris, Calmann-Lévy, 1998, pp.35-42, in G. Are e S. Ceccanti, La Franca degli anni 80: un partito dominante in un sistema frammentato, Università Pavia, 1991, anno LVI, n.2, pp. 257-293.