Francesco Villano, “Il suicidio di Israele” di Anna Foa: una recensione

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“Il suicidio di Israele”, edito da Laterza, è il titolo dell’ultimo lavoro di Anna Foa, notissima storica e studiosa ebrea italiana. Con la solita grande onestà intellettuale, unitamente ad una conoscenza dei fatti vasta e puntuale, tipica di chi ha da sempre una costante quotidiana familiarità con determinate vicende, ci conduce passo passo alla comprensione di uno dei più complessi e dolorosi nodi geopolitici del nostro tempo.

Una vicenda estremamente intrigata che ha radici antiche, sia nel complesso della storia europea e mondiale, principalmente del XIX e XX secolo, sia nelle vicende più specifiche della diaspora ebraica che delle comunità palestinesi presenti da secoli in quella che è l’attuale Israele/Palestina. La Foa inizia la sua riflessione, inevitabilmente, dell’orrendo pogrom (1145 morti, di cui oltre 800 civili; 251 ostaggi: vecchi, donne, bambini, neonati) del 7 ottobre 2023, ad opera di Hamas, della Jihad islamica e di altri gruppi palestinesi, che ha visto uno dei peggiori attacchi subiti dalla popolazione dello Stato di Israele dalla sua fondazione, avvenuta il 14 maggio del 1948, e che tuttora presenta molti lati oscuri sul suo dispiegarsi.

Un pogrom che si è inserito in una fase di estrema conflittualità tra le differenti anime, componenti sociali, etc., dello Stato di Israele. Infatti, dal gennaio del 2023, ogni sabato, centinaia di migliaia di cittadini di Israele avevano preso l’abitudine di scendere pacificamente in piazza, in ogni città dello Stato, per protestare contro una riforma giudiziaria, appoggiata dal governo, che se approvata avrebbe di fatto tolto potere alla Corte Suprema in favore dell’esecutivo. Poiché Israele non ha una Costituzione, la riforma avrebbe sbilanciato nettamente i rapporti fra i poteri, a favore del governo. (Qui è bene ricordare che alle proteste non partecipavano gli arabi israeliani che in ogni caso non avrebbero visto mutare il loro status di discriminati).

Manifestazioni trasversali che abbracciavano tutto lo spettro politico e anche alti esponenti delle forze armate e dei servizi segreti, i cui partecipanti erano però considerati alla stregua di traditori dagli esponenti del governo che, è bene ricordare, si regge sull’apporto decisivo dei partiti di destra più oltranzisti, legati ai coloni, con i due ministri Ben Gvir e Smotrich espressione di una destra razzista, sovranista e religiosa, la cui massima aspirazione è quello del ritorno al Grande Israele, dal Mediterraneo al Giordano, spazzando via qualsiasi autonoma presenza palestinese. Il pogrom, da un lato ha ricompattato il popolo di Israele, che aveva ovviamente avvertito l’attacco come una minaccia alla sopravvivenza stessa dello Stato, anche se vibranti e costanti sono state le manifestazioni organizzate dai parenti degli ostaggi in favore di un qualche accordo con la controparte palestinese; dall’altro ha fatto si che il governo israeliano reagisse senza darsi alcun freno operativo nelle sue azioni di “difesa”. Così si spiega la dolorosa sorte del popolo palestinese, oltre 40000 morti, e di Gaza tutta; senza dimenticare le atrocità e le vessazioni che stanno subendo i palestinesi nella West Bank.

Una situazione che ha favorito sia Hamas che il governo israeliano, certamente nemici, ma entrambi concordi nel sabotare la soluzione dei due Stati, sia nel presente che nel futuro. Contemporaneamente a ciò, nel resto del mondo, se da un lato è stato assordante il silenzio della diaspora europea, tranne voci isolate, mentre quella americana si è espressa debolmente, dall’altro è cresciuto tutto un fronte antisionista/antisemita, che sull’onda delle immagini che arrivavano quotidianamente da Gaza, e con una conoscenza storica alquanto approssimativa, se non nulla, si è scagliato unilateralmente contro Israele.

Si è assistito ad una polarizzazione, dove le soluzioni politiche e diplomatiche sono state totalmente accantonate, in favore di una legittimazione della forza, della violenza e della brutalità, con una sola notevolissima eccezione: la denuncia, presso la Corte di giustizia internazionale dell’Aia, di Israele come autore di un genocidio fatta dal Sudafrica (29/12/2023), e il mandato di arresto internazionale nei confronti di Netanyahu e dei leader di Hamas, emanato il 20 maggio 2024 dalla Corte penale internazionale. Da queste premesse la Foa inizia un excursus storico su come e quando si è originato il sionismo, o per meglio dire i sionismi, passando per i primi insediamenti ebraici in Palestina, detti Yishuv, ed arrivare poi alla fondazione dello Stato vero e proprio.

Un racconto che non tralascia nulla dell’altalenante secolare rapporto con il popolo palestinese, e che aiuta a capire l’oggi. Un excursus assolutamente non di parte, che cerca solo di capire in profondità il perché e il come di una conflittualità più che secolare. E poi ancora le varie vicende politiche e belliche che scandiranno lo scorrere della vita dello Stato, al suo interno e nel rapporto dialettico con la diaspora, e nel contesto del Grande Medio Oriente. Una lettura rivolta a tutti coloro che son disposti ad usare l’intelletto e non la pura emotività. Una lettura illuminante che dovrebbe entrare nelle scuole di ogni ordine e grado.

Concludo questa presentazione evidenziando come le ultime pagine mi hanno commosso, perché ne ho avvertito lo strazio e il dolore di chi profondamente comprende ciò che sta accadendo in queste ore in quella terra tormentata, e ne intravede le “complesse” implicazioni future, senza pur tuttavia rinunciare alla speranza. Grazie!
Francesco Villano