Un’intervista di Caterina Gentile

Dopo ben quattro anni di vacanza della carica di Garante dei Diritti delle persone detenute e private della libertà personale della provincia di Caserta è giunta la notizia della nomina, alquanto inconsueta, per questo ruolo, di don Salvatore Saggiomo. In Italia infatti sembra ci siano solo due sacerdoti incaricati all’ uopo ed entrambi risiedenti nella regione Campania, ufficio svolto, va ricordato, a titolo completamente gratuito. La chiamata vocazione di un presbitero sembra assumere, in questo caso, ancor più i tratti della dedizione al servizio dei più disadattati e ” derelitti ” della società, verso coloro ai quali si è molto poco propensi al sentimento del perdono e della carità fraterna a causa dei crimini più o meno gravi per cui sono stati condannati dalla giustizia italiana. Don Salvatore, viceparroco della parrocchia San Massimiliano M. Kolbe in Giugliano in Campania, giornalista, è già noto per il suo profondo impegno nella difesa dei più vulnerabili, nella giustizia sociale e nella lotta alla camorra. Prima di questa nomina, per anni ha ricoperto il ruolo di cappellano presso il carcere di Secondigliano e recentemente ha tenuto il suo primo dibattito in Senato come consultore. Avvenimento per nulla trascurabile quest’ ultimo se si considera che egli è l’ unico prete in tutta Italia a far parte di questo organo del Parlamento, il sesto sottogruppo della consulta di Palazzo Madama, il cui interesse verte sui diritti dei detenuti e delle persone private della libertà.
Ed è proprio a questo proposito, che avendo l’ opportunità di intervistarlo, trovo di particolare interesse porgergli qualche domanda.
Don Salvatore, su cosa è stato focalizzato il suo recente intervento in Senato?
” La mia è stata una testimonianza di chi vive quotidianamente il carcere nel suo interno, vivendo anche le difficoltà e le carenze del sistema penitenziario come ahimè il sovraffollamento. Ho voluto però prestare la mia attenzione particolarmente sull’ importanza del recupero degli ex detenuti. Un sistema penitenziario giusto ed efficiente non riguarda solo chi è dentro, ma l’ intera società. I carceri riflettono lo stato di salute di un Paese, e oggi l’ immagine che ci rimandano è quella di una giustizia in affanno, incapace di rispondere adeguatamente alle sue sfide, le carceri dovrebbero essere luoghi di espiazione, certo, ma anche di speranza, di possibilità, ma soprattutto di riscatto”.
Si riferisce ad una integrazione sociale certamente, come dovrebbe essere?
” L’ integrazione sociale dei detenuti è una questione cruciale che spesso viene trascurata, o peggio, affrontata con superficialità. Quando una persona esce dal carcere, teoricamente, ha pagato il suo debito con la società, ma nella pratica non finisce mai davvero “
Ci spieghi meglio.
“La società tende a legare l’ ex detenuto in una sorta di limbo sociale, un marchio indelebile che spesso diventa un ostacolo insormontabile per un reinserimento. Dopo anni passati in un ambiente chiuso, rientrare nella vita civile può essere un processo complesso. Possono trovarsi ad affrontare un mondo che è cambiato senza di loro, un mondo che può sembrare estraneo e minaccioso”.
Quindi oltre a problemi pratici esistono anche problemi psicologici?
“Certo. Non sono solo problemi pratici come trovare un
lavoro o una casa, ma anche problemi psicologici come la paura di un rifiuto, l’ ansia di non riuscire ad integrarsi, il senso di colpa e vergogna che continua a perseguitarli, ma più di tutto il giudizio degli altri, una barriera invisibile ma potentissima. Il pregiudizio sociale rende difficile per un ex detenuto ricostruirsi una vita”.
Quindi alla fine siamo noi tutti che costruiamo in fondo delle ” carceri fuori dalle carceri” per questi nostri fratelli?
“Esatto, la diffidenza, la paura, i pregiudizi, tutto contribuisce ad isolare chi ha già scontato la sua pena, condannando spesso ad una recidiva quasi inevitabile. Tutto ciò diventa un circolo vizioso”
L’ impossibilità di programmi reali di reintegrazione è uno dei nodi principali mi pare di capire?
” Troppo spesso gli ex detenuti vengono lasciati soli, senza un supporto adeguato che li aiuti a trovare una loro stabilità, servizi sociali insufficienti, poche opportunità formative e lavorative, assenza di reti di sostegno…ma non si tratta solo di responsabilità istituzionali, anche noi come cittadini abbiamo un ruolo in questo processo “
Quale messaggio vuole lanciare come sfida proprio alla società?
” La detenzione non dovrebbe significare mai negazione della dignità. Ogni essere umano è immagine e somiglianza di Dio, invito tutti a riflettere su una frase di Voltaire: non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri, perché è da esse che si misura il grado di civiltà di una Nazione ” .