Il mio cammino giubilare da pellegrina alla Porta Santa (6 settembre 2025)

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di Ada Seguino

C’ero anche io e ho vissuto ogni singolo istante, con la gioia piena  e lo stupore di una bimba che per la prima volta sperimenta emozioni e sentimenti mai provati

Goia nel rivedere tanti  amici e amiche che conosco da tempo con i quali e le quali ho condiviso la fatica del cammino  di fede ai margini, mai riconosciuto pienamente,  e le tante  lacrime versate  per le numerose  porte chiuse, timidamente aperte e poi di nuovo  serrate. 

Ricordo la fatica di continuare ad esserci in un  luogo che non ci ha voluto accogliere per anni. E nonostante tutto all’età di ca 60 anni  ero lì fiera e felice di essere in trepida attesa di attraversare la Porta Santa con tanti volti nuovi con cui ho incrociato lo sguardo e ho riconosciuto , come  me, pellegrini e pellegrine di speranza, provenienti da ogni parte del mondo.

Ricordo le porte chiuse di anni fa e  i miei primi contatti con gruppi di cristiani Lgbt+.  Prima a “Ponti Sospesi” a Napoli nel lontano 2003, quando ci riunivamo in uno spazio poco visibile agli occhi di tutti e tutte, una sala  buia, retro di un oratorio,  ed eravamo grati e grate a chi contribuiva con la lettura e meditazione del Vangelo , pastore e pastori valdesi, a colmare il vuoto del nostro cammino di fede di ciascuna e ciascuno. E poi a Roma dal 2005 in poi a “Nuova Proposta” presso la Chiesa Valdese in  piazza Cavour, in cui ci sentivamo sempre  parzialmente accolte e accolti dalla Chiesa di appartenenza e avevamo accoglienza calda  invece negli  spazi degli amici e delle amiche valdesi. 

E da quel momento in poi timidamente entravano in contatto con noi  sacerdoti,  religiosi e religiose, che si facevano presenti, ma sempre  in silenzio e poca visibilità. 

E in questi ultimi anni con alti e bassi,  delusioni e pacata gioia  all’interno di gruppi cristiani Lgbt+:  Mosaiko a Roma e Ponti da Costruire a Napoli.

Gruppi  che continuano ad essere  faro e punto di riferimento e incontri in un deserto di comunità ecclesiale. Gruppi  che accolgono  persone ancora  ferite e fragili perché non accolte nelle loro parrocchie  di  provincia, e arrivano a noi con la fatica mista a speranza di trovare quel ristoro e quella riappacificazione  che nei  propri contesti non hanno  trovato. 

E fino ad oggi  in cui alla luce del sole, grazie ad incontri simbolici e dirompenti nella mia vita con  Papa Francesco, che hanno segnato una svolta nel mio riavvicinamento alla Chiesa di tutti e tutte, e che hanno consolidato il mio  cammino di fede, rendendolo più maturo e consapevole, ho alimentato  il desiderio di operare all’interno di essa e non essere più ai margini. 

E a partire del 2023 grazie anche a  Don Andrea, un sacerdote stacanovista del messaggio di amore e fede per tutti e tutte e a Suor Geneviève con  la sua forza immane di piccola e grande donna capace di annunciare  Amore  a tutti e tutte, al mio amico monaco benedettino P.Ignacio del Sacro Speco che con semplicità mi accompagna rispettoso e amorevole nel mio cammino di fede,  non più ai margini e ai tanti amici e amiche incontrati/e grazie ai ritiri  di formazione spirituale organizzati da La Tenda di Gionata, la Rete Sinodale,  mi sono resa visibile nella mia interezza e  in quest’ultimo periodo, con gli amici di Sant’Egidio e altri contesti religiosi,  e in questi ultimi  sempre con rispetto e  timidamente, perché quel senso di indegnità che ha accompagnato  la mia vita  in una Chiesa che ci rivolgeva sguardi e sentenze espresse in silenzio o con richiami ai rigidi dettami di un catechismo promotore di “verità morte” e non più a passo con la realtà viva,  non mi ha mai lasciato e credo mai mi lascerà anche se  sempre  con minore intensità. 

E oggi 6 settembre a partire dalla celebrazione eucaristica presso la “Chiesa del Gesú”, e concelebrata da un centinaio di sacerdoti, con Mons F.Savino, abbiamo sentito parole rinnovate e rigeneranti  con una meditazione sentita con il cuore e l’anima. Quelle parole pronunciate con delicatezza e  rispetto,mai espressi così chiaramente, sono arrivate al cuore di tutti e tutte. 

Culminante è  stato il  riferimento al significato del Giubileo :  “… nella tradizione ebraica era l’anno della restituzione delle terre a coloro a cui erano state sottratte, della remissione dei debiti e della liberazione degli schiavi e dei prigionieri, il tempo in cui liberare gli oppressi e restituire la dignità a coloro a cui era stata negata.

È l’ora di restituire dignità a tutti, soprattutto a chi è stata negata.” 

Quest’ultima frase ha prodotto nei numerosi partecipanti un fragore di applausi ininterrotto  e  in quegli applausi di giubilo c’eravamo tutti e tutte, ognuno e ognuna con la propria storia, la mia, quella  di persone di ogni orientamento,  età , quella di genitori e parenti, religiosi e religiose che ci hanno accompagnato e che si sono sentiti finalmente anche essi e esse accolti e accolte in  una chiesa non più  matrigna ,  ma a partire da oggi madre che inizia a ‘vederci”in modo amorevole.

Da quell’istante in poi c’è stato un effetto  di stupore a catena che ci ha spinto  a cercare  gli sguardi gli uni con gli altri con il desiderio vivo  di non  interrompere questo flusso di gioia e stupore di liberazione.  

Noi così numerosi e numerose con le stesse emozioni e sentimenti e riconoscendosi finalmente  comunità con chi ci ha pensato indegni fino ad allora  in un luogo maestoso, la Chiesa del Gesù, che è stata in grado di accogliere colori, forme, sguardi di gioia, di persone che si sono portate con  fatica, ma tanta speranza in questo luogo sacro,   cornice preziosa di un evento memorabile nella storia della Chiesa. 

Ogni abbraccio  condiviso e ogni scambio di sguardi ci ha permesso   di riconoscerci fratelli e sorelle pur incontrandosi per la prima volta e/o poco prima perché accomunati dall’amore in Cristo: “l’amore di Cristo che regna fra noi donandoci una dignità incancellabile” (Gal 3, 26-28).

E come i discepoli di Emmaus finalmente abbiamo sentito  il messaggio di amore  nella nostra lingua, pur parlando lingue diverse.

Momento culminante è stato l’attraversamento della Porta Santa  con  la croce,  portata  a turno da alcuni pellegrini e  pellegrine di speranza della comunità mondiale cristiana lgbt+,  in una marcia silenziosa e rispettosa del luogo, come segno comune di riconoscimento, e in una giornata calda di fine estate ,  con un sole che illumina e affatica, perché essere visibili alla luce del mondo  richiede fatica, costanza e speranza nel seguire tutti e tutte insieme quella croce in quel luogo  come simbolo della fatica,  dolore e speranza di tutte quelle persone che l’hanno portata in passato , che continuano a portarla e continueranno a  portarla in futuro.  

E adesso contaminati gli uni gli altri da questa fatica, gioia ritrovata e speranza che si fa  amore condiviso siamo tutte e tutti invitati e invitate come i discepoli e le discepole di Emmaus,  così come siamo, nella nostra unicità riconosciuti e riconosciute,   a portare l’annuncio  a tutti e tutte,  non solo a cristiani, non solo a  credenti,  ma a  tutte, tutte, tutte le persone che si sentono escluse per qualsiasi  ragione. 

“Dio può entrare; preferendo la realtà viva anziché una verità morta, basata sul pregiudizio. Perché venga il TUO Regno e nessuno sia più escluso.

Rendi TUA la NOSTRA Chiesa.

Il Giubileo nella tradizione ebraica era  ridare le terre a chi erano state sottratte, ridare la libertà agli oppressi…. È ora di restituire la dignità a tutti. A TUTTI e TUTTE COLORO A CUI É STATA NEGATA” (omelia 6/09/ 2025  Mons.F. Savino