Prende vita, dopo un lungo periodo di attesa, la rivista TeLa (Terra di Lavoro). Dal giorno in cui l’ISSR Interdiocesano “Ss. Apostoli Pietro e Paolo” in Capua ha avviato il suo cammino accademico, ha desiderato una sua rivista. Essa, richiesta dallo stesso Statuto dell’Università, può essere considerata come «l’anima missionaria»[1] dello stesso Istituto.
Attraverso di essa l’Istituto testimonia, appura e matura la sua ricerca teologica, interfacciandosi intelligentemente con un mondo che, nell’essere lontano dalla sua «proposta», attende che si «dica qualcosa» su Cristo Gesù. Scriveva papa Giovanni Paolo II: «Urge dovunque rifare il tessuto cristiano della società umana»[2]. «In che modo? Qual è la via?». Risponde il cardinale C. M. Martini: si deve operare per il passaggio da una fede di «consuetudine», pur apprezzabile, ad una fede che sia «scelta personale», illuminata, convinta, testimoniante[3].
L’ISSR vuole spendersi per questa «maturazione» di fede, tenendo presente il mondo, le sue esigenze, e le domande del territorio casertano. La sua risposta, difatti, è concreta e vuole muovere non solo i «cuori» e le «mani», ma le «menti» per una promozione integrale della persona umana. Con queste parole, l’Istituto forma i futuri professori di religione. Mentre si parla dell’uomo, lo si ritrova in Dio, e mentre si parla di Dio, lo si ritrova in quell’umanità ferita, abbandonata, provata, da un lato, ma viva, meravigliosa e bella dall’altra; quella vita che sa di «terra», che ha una «storia», che è «disegnata» sui muri di molti quartieri o indicata da qualche «scritta» posta in periferia.
Ecco, la nostra comunità universitaria si sta facendo volutamente carico di tutto questo, rispondendo così a quanto papa Francesco afferma riguardo l’urgenza, che non è per niente un’opzione, di ri-annunciare Cristo nei luoghi comuni dove ognuno vive, «ripensando», nella possibilità che si ha, insieme, Cristo e l’uomo. Lo ripetiamo con passione: c’è in questo parlare una priorità universitaria che non può essere sottaciuta[4] e che TeLa intende presentare e promuovere.
Una lunga gestazione
Il desiderio di avere una rivista universitaria ha una lunga gestazione. Sin da quanto l’Istituto è nato (2018) si è pensato ad essa. In verità, riguardando i suoi «Statuti» compare chiaramente la richiesta di avere un organo ufficiale universitario attraverso cui esprimere ciò che si «è»!
Oggi è arrivato il tempo, quello «propizio». Dopo innumerevoli incontri tra i più, confronti e consigli; dopo un lavoro indefesso di alcuni per delineare la forma e la struttura; dopo una presentazione ai docenti e agli studenti; dopo essersi messi in dialogo con ogni Chiesa locale dell’area casertana, prende vita la rivista. TeLa viene così a «parlare» ad un territorio circoscritto da di ben sei Chiese: Capua, Aversa, Caserta, Sessa Aurunca, Teano Calvi, Alife Caiazzo[5].
È una cosa meravigliosa, giacché vede Chiese sorelle impegnate in un unico progetto formativo, proteso non solo alla didattica, ma all’azione pastorale. Se la prima dimensione è quella «istituzionale», la seconda è «vitale». Senza l’attenzione al territorio la rivista rischierebbe di essere «sterile». Necessità «fecondità» e questa è data dall’apertura pastorale-missionaria.
Il beneficio immediato di ciò che si sta dicendo lo si vede, in quanto l’Istituto è ritenuto un «dono» per ogni comunità ecclesiale. Esso vuole «servire» le menti giovani, certamente per un insegnamento futuro, ma dall’altro formare coscienze, uomini e donne che sanno investire la loro e non solo vita per un «credo», una «fede», una persona: Gesù Cristo. Egli non è un’idea. Egli non è un concetto. Egli è persona viva, «fatta di carne» (cf. Gv 1,13-14).
Parlare di chi egli è comporterà scendere tra le strade delle città e dei paesi ed «ascoltare», con rispetto e meraviglia, storie e tradizioni. Nel porsi accanto ai più, allora, si ha l’intenzione di uscire per le strade del monto e lì «ricevere» l’impulso per una ricerca teologica concreta, vera, capace di parlare nelle assemblee liturgiche come tra i banchi di scuole, in oratori giovanili e nelle piazze[6].
La sua struttura
Circa un anno e mezzo fa, quando si venne concretamente a dar vita al progetto, commissionando un’equipe di docenti per studiare la «forma» da dare a questa rivista, si pensò di non ricorrere al cartaceo, ma puntare subito al digitale. I motivi furono diversi. Di essi vi fu quello di pensare alla rivista come una grande piattaforma aperta all’ascolto, al dialogo, pari ad un grande «laboratorio» in movimento[7].
Con semplicità, si volle strutturarla a «più sezioni». La parte scientifica fu circoscritta ai Docenti dell’Istituto per saggi, articoli ed interventi. A questa, seguì una sezione sul «magistero locale» dei Vescovi. La cosa piacque subito. Avere una rivista che monitora, registra e commenta i vari interventi dei Vescovi locali fu cosa quanto mai gradita.
Ovviamente, sorse tra gli addetti al lavoro una domanda: «Ma quanto stiamo offrendo manca di qualcosa? Occorre dare voce agli studenti e ai professori di religione». Senza pensarci troppo, venne di posizionare tra le sezioni della rivista anche la voce: professori di IRC e studenti. Il sorriso comparve su tutti.
Nel chiudere il progetto, nacque, infine, il desiderio di «aprire» almeno la porta al mondo universitario non-teologico casertano[8]. Questo ha portato ad un’ultima sezione votata al dialogo tra i gentili e non. Il train-motiveè sempre lo stesso e lo sarà per chi ha compreso ciò che Cristo ha fatto per noi:
È l’uomo dunque, l’uomo considerato nella sua unità e nella sua totalità, corpo e anima, l’uomo cuore e coscienza, pensiero e volontà, che sarà il cardine di tutta la nostra esposizione. Pertanto, il santo Concilio, proclamando la grandezza somma della vocazione dell’uomo e la presenza in lui di un germe divino, offre all’umanità la cooperazione sincera della Chiesa, al fine d’instaurare quella fraternità universale che corrisponda a tale vocazione. Nessuna ambizione terrena spinge la Chiesa; essa mira a questo solo: continuare, sotto la guida dello Spirito consolatore, l’opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito[9].
In questo modo, ricorda ancora il Concilio Vaticano II:
Questo Vangelo, infatti, annunzia e proclama la libertà dei figli di Dio, respinge ogni schiavitù che deriva in ultima analisi dal peccato onora come sacra la dignità della coscienza e la sua libera decisione, ammonisce senza posa a raddoppiare tutti i talenti umani a servizio di Dio e per il bene degli uomini; infine raccomanda tutti alla carità di tutti. Ciò corrisponde alla legge fondamentale della economia cristiana. Benché, infatti, il Dio Salvatore e il Dio Creatore siano sempre lo stesso Dio, e così pure si identifichino il Signore della storia umana e il Signore della storia della salvezza, tuttavia in questo stesso ordine divino la giusta autonomia della creatura, specialmente dell’uomo, lungi dall’essere soppressa, viene piuttosto restituita alla sua dignità e in essa consolidata. Perciò la Chiesa, in forza del Vangelo affidatole, proclama i diritti umani, e riconosce e apprezza molto il dinamismo con cui ai giorni nostri tali diritti vengono promossi ovunque[10].
Costruire ponti
Da quanto detto, è facile dedurre che la rivista si orienta ad edificare «ponti» tra i più[11]. Nell’essere consapevole della sua «identità cattolica» – ovvero «universale» – promuove l’Evangelo di nostro Signore Gesù Cristo (cf. 1Tm 2,5)[12]. Essa sa che occorre mettersi in «gioco» (mentre ascolta si fa ascoltare)[13] e di questo gioisce[14], perché, nel «proporre» quanto pensa e crede, si «rafforza»[15] e così «rende», con linguaggio nuovo, «appetibile» il «suo» Messaggio Potente[16], il Risorto.
TeLa, dunque, desidera stabilire «percorsi» e non semplici «mete». Essa si mette in «viaggio», facendo propria l’esperienza dell’Esodo (cf. Nm 11,21): il popolo camminava per il deserto in cerca della Terra di Canna. Il motivo è chiaro: essa ama stare «in carovana», stare «tra il mondo» e mettersi in gioco con esso, mentre ha nel cuore l’immagine di Cristo, quella «stampata» da sempre in ciascuno[17]. Questo avvalora come TeLa non intende estromettere nessuno nella sua ricerca. Anzi, ama il confronto, sapendo che tutti hanno «germi» di verità che attendono d’essere non solo riconosciuti, ma anche curati. Bello è ripensare così il cammino universitario che «dialoga» dentro e fuori le mura dell’Università, sapendo che in:
Dio Padre, principio e fine di tutti, siamo tutti chiamati ad essere fratelli. E perciò, chiamati a una sola e identica vocazione umana e divina, senza violenza e senza inganno, possiamo e dobbiamo lavorare insieme alla costruzione del mondo nella vera pace[18].
Non si vuole giocare con le parole, in quanto c’è in gioco la vita di ognuno. I termini possono essere vari, ma è chiaro che si delinea un «cammino» che ha dinanzi a sé il piccolo, il grande, il malato e il sano, il povero e il ricco, il saccente e lo stolto. C’è una «ricchezza» umana che chiede d’essere «chiamata in causa» per essere al meglio «abbracciata» e «curata». A sua volta, c’è una umanità che esige di essere riconosciuta come «cosa bella» e, pertanto, una ricchezza e in quanto tale essa è capace di spronare la ricerca teologica verso la luce di Cristo[19].
Si è pienamente consapevoli che la rivista muove in questo senso i suoi primi passi. Non saranno facili. Avranno degli imprevisti. A volte saranno leggeri come altre volte pesanti. Ma ciò non scoraggia coloro che intendono vivere la comunità accademica. Anzi, essi incoraggiano, avvalorando quel «sudore» che a volte gronda abbondante dalle fronti di chi, nelle brevi estati, si vede impegnato ad organizzare nuovi percorsi di studi capaci di fare buona teologia attenta al territorio, consapevole che per parlare di Dio lo si deve fare stando nel mondo[20]. Nel dir questo, lo rammentiamo: la teologia oggi sente di doversi fare “missionaria”[21] e di produrre percorsi di missione[22] perché, per essere appetibile e credibile, non può che “odorare” di mondo[23].
L’Enciclica «Ecclesiam suam»
Siamo arrivati al termine nel nostro «discorso di apertura». Esso, pur breve, tiene presente il monito dell’Enciclica «Ecclesiam suam» composta, a conclusione dei lavori conciliari del Vaticano II, da papa Paolo VI: è arrivato il tempo di non temere il dialogo con il mondo e con ciò che lo caratterizza, perché, nella pienezza del tempo, il Verbo (cf. Gv 1,1.14) si è volutamente fatto carne per prendere «dimora» tra noi. Il suo «stare» è un entrare nelle fessure della storia di ognuno di noi, abilitati, per sua grazia, a promuovere il «dialogo»[24] «teologico»[25].
Qualcuno una volta osò dire: «Vi chiediamo di fare una teologia “pensata” dalla vita che ogni giorno viviamo. Sarete capaci?». Il discorso teologico deve superare necessariamente «il proprio orticello», ed osare di passare la soglia di «casa» per iniziare a non-proporre, ma ad «annunciare» quel Dio che mai è stato «proprietà» di quei pochi[26], tenendo per mano coloro che furono e oggi ancora lo sono «i piccoli, i poveri e gli indifesi».
In questo modo, quanto la rivista di propone di fare mira a costruire un dialogo capace di realizzare «l’unione della verità con la carità, dell’intelligenza con l’amore»[27]. Un dialogo che, con sorriso, non ha paura di mettersi in gioco, di sporcarsi le mani, pronto a rinnovare le sue «forme» perché ha, in sé, ben chiaro il suo «contenuto». Non dimentichiamo: le «forme» passano, resta solo «Cristo». In compagnia di Maria, Madre di Cristo e madre di quella Chiesa di cui ognuno fa pare, disponiamo questi «progetti», pregando.
Vergine e Madre Maria,
tu che, mossa dallo Spirito,
hai accolto il Verbo della vita
nella profondità della tua umile fede,
totalmente donata all’Eterno,
aiutaci a dire il nostro «sì»
nell’urgenza, più imperiosa che mai,
di far risuonare la Buona Notizia di Gesù.
Tu, ricolma della presenza di Cristo,
hai portato la gioia a Giovanni il Battista,
facendolo esultare nel seno di sua madre.
Tu, trasalendo di giubilo,
hai cantato le meraviglie del Signore.
Tu, che rimanesti ferma davanti alla Croce
con una fede incrollabile,
e ricevesti la gioiosa consolazione della risurrezione,
hai radunato i discepoli nell’attesa dello Spirito
perché nascesse la Chiesa evangelizzatrice.
Ottienici ora un nuovo ardore di risorti
per portare a tutti il Vangelo della vita
che vince la morte.
Dacci la santa audacia di cercare nuove strade
perché giunga a tutti
il dono della bellezza che non si spegne.
Tu, Vergine dell’ascolto e della contemplazione,
madre dell’amore, sposa delle nozze eterne,
intercedi per la Chiesa, della quale sei l’icona purissima,
perché mai si rinchiuda e mai si fermi
nella sua passione per instaurare il Regno.
Stella della nuova evangelizzazione,
aiutaci a risplendere nella testimonianza della comunione,
del servizio, della fede ardente e generosa,
della giustizia e dell’amore verso i poveri,
perché la gioia del Vangelo
giunga sino ai confini della terra
e nessuna periferia sia priva della sua luce.
Madre del Vangelo vivente,
sorgente di gioia per i piccoli,
prega per noi.
Amen. Alleluia[28].
[1] Si tenga presente quanto afferma papa Giovanni Paolo II nella sua Lettera Enciclica Redemptoris missio riguardo i «soggetti» che devono promuovere il dialogo, l’annunzio e la missione (cf. ibidem, nn. 61-76). Si veda anche: Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Dialogo e verità, nn. 25-30.
[2] Giovanni Paolo II, Christifideles Laici, n. 34.
[3] C. M. Martini, Il fare della Chiesa. Parlare di Dio in un mondo senza Dio, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, 12.
[4] Cf Francesco, Evangelii gaudium, n. 134.
[5] Si veda lo Statuto dell’ISSR interdiocesano “Ss. Apostoli Pietro e Paolo” del 2018.
[6] Cf relazione del prof. Francesco Del Pizzo, La teologia del Mediterraneo in cammino nella Chiesa del Sud, tenuta presso la PFTIM nel Novembre 2022.
[7] Cf Paolo VI, Ecclesiam suam, nn. 88-90.
[8] Il messaggio di Cristo include una «proposta» sociale, economica e religiosa che chiede d’essere pronunciata e detta ai più (cf Francesco, Evangelii gaudium, n. 177ss).
[9] Gaudium et spes, n. 2. Cf Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, nn. 4-5.
[10] Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 41.
[11] Si tenga presente qui quanto afferma il documento della Segreteria dei non credenti, Dialogo e missione, nn. 20-35.
[12] Cf Gaudium et spes, n. 60; Concilio Vaticano II, Ad gentes, n. 3; Francesco, Evangelii gaudium, n. 110ss.
[13] Cf Ad gentes, n. 1.
[14] Cf Francesco, Evangelii gaudium, n. 2; cf. nn. 9-10.
[15] Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, n. 2. La Chiesa non può tacere la «novità» di Cristo alle genti (cf ibidem, n. 6). «La chiesa e, in essa, ogni cristiano non può nascondere né conservare per sé questa novità e ricchezza, ricevuta dalla bontà divina per esser comunicata a tutti gli uomini. Ecco perché la missione, oltre che dal mandato formale del Signore, deriva dall’esigenza profonda della vita di Dio in noi. Coloro che sono incorporati nella Chiesa cattolica devono sentirsi dei privilegiati, e per ciò stesso maggiormente impegnati a testimoniare la fede e la vita cristiana come servizio ai fratelli e doverosa risposta a Dio, memori che «la loro eccellente condizione non è da ascrivere ai loro meriti, ma a una speciale grazia di Cristo; per cui, se non vi corrispondono col pensiero, con le parole e con le opere, lungi dal salvarsi, saranno più severamente giudica» (ibidem, n. 11).
[16] Cf Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Dialogo e annunzio, n. 63. Urge, difatti, predicare, annunciare, spargere la Buona Notizia, in quanto essa stessa muove il suo testimone a parlare, con la vita, al mondo e ad ogni religione. Il «messaggio potente» è la persona del Cristo, il quale «non è un fatto opzionale per la Chiesa. E un suo dovere, assegnato dal Signore Gesù, finalizzato alla fede e alla salvezza degli uomini. Questo messaggio è veramente necessario; è unico e insostituibile, non ammette indifferenza, sincretismo o compromesso, perché concerne la salvezza del genere umano» (ibidem, n. 66). Questo, in altre parole, è ciò che scrive Paolo: annunciare Cristo per lui non è motivo per vantarsi, ma una necessità che incombe: «guai a me se io non annunciassi il Vangelo» (2Cor 9,16).
[17] Cf Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, nn. 22-24.
[18] Ibidem, n. 91.
[19] Cf Paolo VI, Ecclesiam suam, n. 61.
[20] Cf Ibidem, n. 64. Cf. Francesco, Evangelii gaudium, nn. 14-15.
[21] Cf Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, nn. 35-37.
[22] Cf Paolo VI, Ecclesiam suam, n. 65; Concilio Vaticano II, Ad gentes, n. 19.
[23] «Il nostro tempo è drammatico e insieme affascinante. Mentre da un lato gli uomini sembrano rincorrere la prosperità materiale e immergersi sempre più nel materialismo consumistico, dall’altro si manifestano l’angosciosa ricerca di significato, il bisogno di interiorità, il desiderio di apprendere nuove forme e modi di concentrazione e di preghiera. Non solo nelle culture impregnate di religiosità. ma anche nelle società secolarizzate è ricercata la dimensione spirituale della vita come antidoto alla disumanizzazione. Questo cosiddetto fenomeno del «ritorno religioso» non è privo di ambiguità. ma contiene anche un invito. La chiesa ha un immenso patrimonio spirituale da offrire all’umanità in Cristo che si proclama “la via, la verità e la vita”. (Gv 14,6) È il cammino cristiano all’incontro con Dio, alla preghiera, all’ascesi, alla scoperta del senso della vita. Anche questo è un areopago da evangelizzare» (Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, n. 38). Cf Francesco, Evangelii gaudium, nn. 68-70.
[24] Cf Francesco, Evangelii gaudium, n. 19.
[25] Cf Paolo VI, Ecclesiam suam, nn. 72-79.
[26] Cf ibidem, n. 80.
[27] Cf Ibidem, n. 84.
[28] Cf Francesco, Evangeli gaudium, n. 288.