L’APPELLO DI ALESSIA, Insegnante di Religione Cattolica

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di Alessia Vicario

Sono Alessia, un’insegnante di religione con un titolo magistrale in Scienze Religiose che mi ha permesso di immergermi profondamente nella complessità della fede, della storia, della cultura e dell’arte che si intrecciano indissolubilmente con la mia materia.

A tutti coloro che pensano che gli insegnanti di religione “non servono”, vorrei rivolgere un appello carico di passione e di consapevolezza. L’insegnamento della religione non è semplicemente una trasmissione di dogmi o una ripetizione di formule; è un viaggio affascinante attraverso le profondità della spiritualità umana, un’esplorazione delle radici culturali che hanno plasmato civiltà, arte, letteratura e pensiero.
Per poter insegnare religione in modo autentico e significativo, non basta una conoscenza superficiale. Noi insegnanti di religione abbiamo studiato con dedizione la storia delle religioni, i testi sacri, la teologia, ma anche la storia dell’arte, la letteratura e la filosofia. Comprendiamo come le grandi opere d’arte siano state ispirate da temi religiosi, come la Divina Commedia di Dante Alighieri sia un capolavoro che intreccia teologia e poesia, come le Madonne di Raffaello raccontino la profondità della fede cattolica.
Il nostro ruolo va ben oltre la semplice catechesi: noi accompagniamo gli studenti in un percorso di scoperta di sé, degli altri e del mondo, aiutandoli a riflettere sui grandi interrogativi dell’esistenza, sulla ricerca del senso, sui valori che orientano la vita. Insegnare religione significa toccare le corde più profonde dell’animo umano, significa parlare di speranza, di perdono, di compassione, di giustizia.
C’è una parte emozionale nell’insegnare che non può essere trascurata. Quando vedo i miei studenti accendersi di curiosità ascoltando le parabole di Gesù, quando riflettono sul significato della misericordia o sulla bellezza della creazione, sento che il mio lavoro è un privilegio. Vedo nei loro occhi la scintilla della ricerca, la voglia di capire il mondo e se stessi in una prospettiva più ampia. E in quei momenti, so che l’insegnamento della religione è vitale, è necessario per formare persone capaci di pensare con profondità, di sentire con empatia, di agire con responsabilità.
Noi insegnanti di religione non siamo “inutili”. Siamo ponti tra la tradizione e il presente, tra la fede e la cultura, tra le domande esistenziali e le possibili risposte. Portiamo con noi la consapevolezza che la spiritualità è una dimensione fondamentale dell’essere umano, che può ispirare grandi opere, grandi gesti di amore e di pace.
Il nostro titolo magistrale non è solo un pezzo di carta: è il simbolo di un percorso di studi rigoroso, di una passione, di una vocazione all’insegnamento che mira a formare non solo menti, ma anche cuori.
E vorrei aggiungere una cosa importante: non sono una suora, non vivo in un convento, non ho abbandonato la mia vita per “dedicarmi solo alla religione”. Sono una ragazza normale di 29 anni a cui piace ballare, sorridere, scherzare con gli amici, godermi la vita con gioia e spontaneità. E proprio questo, forse, aiuta me a essere un’insegnante autentica e vicina ai miei studenti. Dare il buon esempio non significa essere “perfetti” o “seri sempre”; significa essere autentici, caldi, capaci di trasmettere valori con la propria umanità.

Per questo, a tutti coloro che dubitano dell’importanza degli insegnanti di religione, vorrei dire: la nostra materia è viva, è ricca, è necessaria. Noi siamo qui per accompagnare, per ispirare, per far riflettere. E lo facciamo con competenza, con passione, con l’emozione di chi crede nel valore profondo dell’educazione e della spiritualità.

Con stima e convinzione,
Alessia, insegnante di religione.

Insegnanti di religione: un appello ai vescovi - SettimanaNews