La presenza di alunni stranieri a scuola: opportunità di dialogo religioso e culturale per l’IRC

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di Federica Migliaccio

 Gli alunni stranieri a scuola: una breve sintesi tra normativa, dati e realtà scolastica

Secondo i dati 2024 del Ministero dell’Istruzione e del Merito, gli alunni con cittadinanza non italiana rappresentano circa l’11% della nostra popolazione scolastica. Il 65,4% appartiene alle seconde generazioni, mentre una parte consistente è formata da NAI, studenti neo-arrivati e con competenza limitata in italiano. Tra le principali nazionalità, la comunità cinese è al quarto posto con circa 48 mila studenti, per l’89,5% nati in Italia. È frequente anche il fenomeno, difficilmente quantificabile, dei bambini nati in Italia da famiglie cinesi che trascorrono i primi anni in Cina per poi rientrare nel sistema scolastico italiano in momenti diversi del loro percorso.

Nonostante le politiche europee a favore del plurilinguismo, la scuola italiana resta prevalentemente monolingue: l’italiano domina nella comunicazione e nello studio, rendendo la competenza linguistica un fattore decisivo per socializzazione e apprendimento disciplinare. Se la lingua per la vita quotidiana si acquisisce relativamente in fretta, la lingua dello studio richiede tempi lunghi e interventi didattici mirati.

In particolare, per gli studenti cinesi in Italia, le sfide principali sono la padronanza della lingua dello studio, il confronto con un modello educativo più partecipativo e meno gerarchico rispetto a quello d’origine e l’inserimento nel gruppo dei pari, elementi che incidono anche sul benessere psicologico.

 

Il concetto di pietà filiale nel pensiero confuciano

Presentiamo nel presente contributo, un approfondimento relativo al concetto di “Pietà filiale” che potrebbe costituire una proficua opportunità pedagogica da valorizzare nella prassi didattica per favorire sia l’accoglienza e l’inclusione di studenti provenienti dalla Cina e/o di religione confuciana.

La pietà filiale rappresenta il nucleo del pensiero confuciano. Il carattere cinese 孝 (xiào) ne sintetizza il significato, fondato sull’armonia familiare e sociale e, per estensione, sul rispetto per l’autorità e la tradizione. La famiglia diventa così il primo modello di equilibrio e di ordine per l’intera società. Xiào è talvolta visto come sinonimo della pietas romana. Nel mondo romano e cristiano, la pietas dimostrava un senso di compassione, misericordia, partecipazione al dolore degli altri. Xiào, invece offre una posizione etica codificata basata sull’amore, realizzata come parte del rispetto dei livelli familiari e sociali. Il carattere stesso ce lo dice—nella parte superiore c’è 老 (lǎo), “anziano”, e nella parte inferiore 子 (zǐ), “figlio”, come a significare la deferenza tra le generazioni. Le cinque relazioni fondamentali secondo Confucio sono radicate in quella naturale tra padre e figlio. Sulla base di questa relazione, concetto comune a diverse culture dell’Asia orientale, si realizzano tutte le altre, in particolare quella tra sovrano e suddito, fratello maggiore e fratello minore, moglie e marito, amico e amico.

L’uso originario della parola xiào, risalente alla dinastia dei Zhou occidentali (circa 1045–771 a.C.), si riferiva principalmente ai riti e ai servizi rituali resi ai genitori e agli antenati defunti. In seguito, i confuciani del periodo degli Stati Combattenti (475–221 a.C.) concepirono xiào soprattutto come obbedienza e rispetto verso i genitori. Nella Cina imperiale (221 a.C. – 1911 d.C.), la pietà filiale e l’obbedienza fraterna erano due valori fondamentali della vita familiare, pietre angolari dell’intero ordine sociale.

Negli ultimi anni il concetto di pietà filiale, pur profondamente radicato nella tradizione confuciana, ha suscitato un rinnovato interesse anche in ambito occidentale. Questo ritorno di attenzione nasce dalla consapevolezza che, nonostante le differenze culturali, xiào contiene elementi con una possibile portata universale, utili a interpretare le sfide delle società contemporanee: l’invecchiamento della popolazione, l’indebolimento dei legami familiari, la crescente mobilità e la frammentazione delle comunità. Nel contesto occidentale, la pietà filiale non è più intesa come obbedienza rigidamente gerarchica, ma come responsabilità reciproca, senso della cura, gratitudine e solidarietà intergenerazionale. Questa riscoperta non implica un trasferimento meccanico della tradizione confuciana in Occidente, ma si configura come un dialogo interculturale: un processo in cui le categorie orientali vengono lette e rielaborate alla luce dei contesti sociali, culturali ed educativi occidentali. La pietà filiale, così reinterpretata, emerge come un contributo significativo al dibattito globale sull’etica della famiglia e sulle nuove forme di convivenza sociale.

Oriente e Occidente a confronto

Un interessante studio del sinologo Zbigniew Wesołowski (2022) mette a confronto il Cristianesimo in Europa e la famiglia in Cina come i due pilastri morali delle rispettive civiltà. Così come l’Occidente ha vissuto un processo di secolarizzazione religiosa, la Cina ha sperimentato una “secolarizzazione familiare”, con il declino del patriarcato e l’emergere della famiglia nucleare moderna. I cambiamenti sociali — come i matrimoni d’amore al posto dei matrimoni combinati, i divorzi e l’accettazione di nuove forme familiari — mettono alla prova il familismo confuciano basato sulla pietà filiale e l’obbedienza. Per affrontare tali sfide, l’autore propone il concetto di legge naturale come possibile ponte etico tra Oriente e Occidente, capace di fondare una visione comune del valore umano e familiare, condivisibile da credenti e non credenti.

Da un punto di vista cristiano, il valore di “Onora il padre e la madre” espande il contesto della pietà filiale. Non è solo un legame familiare; lo pone in una relazione d’amore con Dio e gli esseri umani. Un insegnante di Religione Cattolica potrebbe partire da questa prossimità concettuale ed invitare i suoi studenti ad un dialogo interculturale. Chiedendo ad uno studente di origine cinese di insegnare ai compagni cosa sia xiào, il docente aprirebbe uno spazio in cui confrontare le due visioni confuciana e biblica. Da lì, la classe potrebbe riflettere su valori comuni come rispetto, gratitudine e armonia domestica, sul senso della famiglia e di come questa si stia evolvendo. In questo contesto, il docente di IRC gioca un ruolo fondamentale nei processi inclusivi: mettendo a confronto il Quarto Comandamento con la pietà filiale, non solo trasmette contenuti religiosi, ma affronta temi trasversali che valorizzano la diversità culturale, promuovono la coesione del gruppo classe e offrono un valore unificante nella vita scolastica.

Proposte didattiche inclusive

Breve premessa. Nella scuola italiana, anche in presenza di docenti di italiano L2, strategie inclusive e mediatori linguistici, molti studenti cinesi continuano a percepirsi ai margini del gruppo classe. La barriera non è solo linguistica: è emotiva, culturale, identitaria.

Nella mia esperienza di docente di lingua inglese e cinese nella scuola secondaria, ho constatato più volte quanto lo studente cinese tenda a non aprirsi, neppure quando gli venga offerta la possibilità di utilizzare la propria lingua. La chiusura non deriva da mancanza di strumenti, ma dal timore di esporsi e dalla difficoltà di riconoscersi in un contesto che raramente richiama la sua esperienza culturale. Per superare questa distanza è spesso necessario uno sprone, introdurre cioè temi e attività che facciano sentire lo studente “a casa” e che lo riconoscano come portatore di cultura, non semplicemente come destinatario di PDP o di strategie inclusive.

Una proposta efficace che valorizzi, ad esempio, anche il lavoro e la collaborazione interdisciplinare tra l’insegnante di religione con colleghi di altre discipline potrebbe essere la realizzazione di una lezione che integri un breve laboratorio di calligrafia.

La calligrafia cinese, nota come shūfǎ (书法), non è solo un’arte visiva, ma una forma di espressione culturale e spirituale, con una lunga storia che risale a oltre duemila anni fa. Storicamente, rifletteva disciplina, concentrazione ed equilibrio interiore, incarnando l’ideale estetico e morale del letterato e anche oggi conserva un valore culturale significativo: non solo come pratica artistica, ma come strumento per trasmettere tradizione, identità culturale e riflessione personale, favorendo creatività, pazienza e consapevolezza estetica.

Con l’ausilio della LIM o utilizzando pennelli e tappetini per la scrittura ad acqua, l’eventuale presenza in classe di qualche studente cinese potrebbe aiutare i compagni italiani nella realizzazione del carattere xiào, simbolo della pietà filiale. Questo semplice gesto trasformerebbe lo studente in una risorsa per la classe, aprendo spazi di dialogo sulla struttura del carattere, sulla differenza tra scrittura alfabetica e logografica e, più in generale, sulla ricchezza delle rispettive tradizioni culturali.

Un’attività di questo tipo favorirebbe curiosità reciproca, ridurrebbe la distanza percepita e creerebbe un ambiente in cui la cultura dell’altro diventa occasione di apprendimento condiviso.

Un’ulteriore proposta di approfondimento potrebbe consistere nella visione di un prodotto cinematografico che affronti temi familiari vicini alla sensibilità sinoculturale. Il cortometraggio “Bao” di Domee Shi (Pixar), che narra il rapporto complesso tra una madre cino-canadese e il figlio ormai adulto, offre spunti significativi sulle dinamiche affettive e sulla centralità del legame familiare. In alternativa, il film “Mulan” della Disney, ispirato alla celebre “Ballata di Mulan” (V-VI secolo d.C.), consente di esplorare in modo narrativo ed emotivamente accessibile il tema della pietà filiale: la giovane protagonista decide infatti di prendere il posto del padre nell’arruolamento militare, mettendo a rischio sé stessa.

Da questi due semplici e interessanti spunti didattici, il docente di IRC, attraverso attività inclusive e temi trasversali, ha la possibilità di contribuire significativamente alla formazione di una classe coesa e interculturale, nella quale la pietà filiale diventa uno strumento educativo che unisce culture, promuove la solidarietà intergenerazionale e favorisce una riflessione profonda sul valore dei legami familiari in un mondo in continua trasformazione. Attraverso attività di questo tipo, la classe non solo conosce una tradizione culturale spesso lontana, ma offre allo studente straniero (in questo caso cinese) un’occasione reale per sentirsi incluso, valorizzato e finalmente parte di una comunità scolastica che riconosce la sua voce, diversa e originale, tra le tante.

Bibliografia

Wesołowski, Z. (2022). The virtues of xiao (filial piety) and ti (brotherly obedience) as two pillars of Confucian familism. Studia Warmińskie, 59, 315‑336. https://doi.org/10.31648/sw.8336

Feng, W. (2017). The contemporary significance of Confucius’ doctrine of filial piety. Humanities and Social Sciences, 5(2), 75‑78. https://doi.org/10.11648/j.hss.20170502.14

Poškaitė, L. (2014). Filial piety (xiao 孝) in the contemporary and global world: A view from the Western and Chinese perspectives. Asian Studies, 2(1), 99‑114. https://doi.org/10.4312/as.2014.2.1.99‑114

Scolaro, S. (2025). Alunni di origine cinese nella scuola italiana: realtà, approcci, riflessioni. Italiano a Scuola, 7(1), 319‑346. https://doi.org/10.6092/issn.2704‑8128/21964